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lunedì 16 aprile 2012

The Artist. Piermario e la retorica del cielo.

Oggi pomeriggio ho visto, per la bellezza di € 2, "The Artist", il film pluripremiato agli Oscar. Che dire? Ne avevo sentito parlare molto bene da tempo ma per vari motivi non l'avevo visto in prima uscita. Ho recuperato oggi, in uno strano pomeriggio di domenica uggioso e insipido. E mi ha riacceso. Mi ha riacceso con il suo essere così fuori dal tempo, così "altro da qui". E pensare che, ad onor del vero, l'inizio non era stato dei più semplici. Complice il mio stato di leggera sonnolenza, acuito dal meteo, la prima mezz'ora è stata particolarmente complessa. Dovevo prendere le misure a questo silenzio, straniante, quasi angosciante. Sentivo che mancava qualcosa, anzi, che mancava tutto. Nella civiltà dell'immagine, l'immagine da sola è vuota. Dobbiamo riempirla, tutti, io compreso, di rumore di fondo, di parole, di suono.
Superato questo momento, però, devo dire che l'atmosfera rarefatta ha iniziato ad attrarmi sempre di più. E, a quel punto, credo che non aver tollerato parole. Non dovevano esserci. E non ci sono state. Una volta entrato in quel silenzio, in quella dimensione così intensa, tutto il rumore mi sarebbe sembrato fuoriluogo. Tanto che, all'udire la suoneria del solito telefonino lasciato acceso in maniera improvvida, sono stato colto da un raptus quasi violento. Non si poteva rompere quell'idillio. Sacrilegio. Anyway, alla resa dei conti, grande film. Mi ha fatto commuovere, mi ha fatto fare gli occhi rossi, qualche lacrima è scesa, struggente, lirico, metafora della vita.
Tanto facciamo fatica a calarci nel silenzio, a crearci un alveo tutto nostro di riflessione e di introspezione, tanto poi, una volta conquistato, vorremmo tenerlo stretto a noi e vivere solo di lui.

Piermario. Le frasi fatte. L'aria data alla bocca da tante persone (approposito di silenzio, che spesso sarebbe d'oro). E poi la retorica del cielo. Degli angeli. Gioca a calcio in cielo. E gli scarpini da calcio. Ecco, queste sono cose che non riesco a concepire. Non trovo alcun lirismo, alcuna poesia in un ragazzo di 25 anni che ha avuto la vita, il cuore e la mente straziati da dolori atroci, che ha saputo rialzarsi sempre con quella voglia, con quella grinta di chi vuole dimostrare di essere più forte di questo destino beffardo ed estremo. Lo ha fatto per due volte anche in campo, sabato. Senza poesia, senza lirismo. Solo con sudore e, c'è da immaginarlo, con le lacrime.
Però pare che davvero la retorica del cielo sia diffusissima. La gente non crede più, se ne frega della propria fede ma tutti immaginano questi cieli disseminati di calciatori che giocano, di attori che recitano, di cantanti che cantano. Funziona? Contenti voi...
E adesso? E adesso non so, mi si azzera il cervello. Mi ricorda quanto siamo fragili. Mi intima a prendere in mano ciò che sono, a guardarmi dentro, ad ascoltarmi di più. Perché, come mi ha ricordato Qualcuno ultimamente, SILENT è l'anagramma di LISTEN.

Si dovrebbe tornare al cinema muto. Anche quando si raccontano simili tragedie.

Ciao, notte.

PS: pensieri sconclusionati, stasera. Prendili per quello che sono. Sconclusionati, appunto.


giovedì 12 aprile 2012

Nessuno ti regala niente.

Questa frase a casa nostra è risuonata molto spesso, sin dall'infanzia. Non credere alle offerte speciali, ai venditori di fumo, alle vie più comode. Nessuno ti regala niente, bisogna sudarsi e conquistarsi ogni giorno il diritto a stare bene e, soprattutto, ad essere in pari con se stessi.
Crescendo ho pian piano capito che quella che sembrava solamente una espressione stantìa in origine, un pessimismo di maniera, era (è) una realtà. Scomoda o stimolante, lo lascio dire a te.
Ciao.