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giovedì 30 giugno 2011

Mi consumo per te.

(mode passato remoto on)

Tempo fa (saranno passati due anni circa, forse qualcosa di più) mi recai in un negozio di articoli sportivi per acquistare un paio di scarpe da calcio considerato che purtroppo quelle che avevo preso predecentemente (e che mi erano costate qualcosa come 90 euro) nel giro di un anno mi si erano praticamente sbriciolate sotto i piedi. Siccome non riesco a tenere per me le riflessioni che faccio, raccontai alla gentile (ma neanche tanto, se ci penso bene) commessa della mia "disavventura" sportiva immaginando già la sua reazione, un misto di sorpresa ed uno sguardo attonito che avrebbe potuto significare: "ma guarda questo, non riesce a tenere la roba come si deve, si vede che è uno che di soldi ne ha e li spende come niente fosse" (ricchezza del tutto relativa, peraltro). Mi preparai già al peggio. Puoi immaginare il mio disorientamento, a questo punto, quando mi sentii dire invece: "eh guardi, le sono durate anche parecchio sa. Io adesso (era marzo, n.d.r.) sto vendendo tantissime paia di scarpe a gente che le ha comprate in ottobre. Ormai le scarpe da calcio durano 3/4 di stagione, non di più, la loro vita è quella".
Superato lo shock mi ricompattai e scelsi un paio di scarpe da 50 euro seguendo la logica che "tanto visto quello che durano, conviene non spenderci poi molto".

(mode passato remoto off)

Perché questo racconto? Boh. Ah sì, ora ricordo.
Primo motivo: stasera ho partecipato all'ultima partita di un torneo di calcetto nel mio paese, un contesto molto amatoriale per la verità. Si gioca per sudare, per far calare la panza (almeno la mia), per divertirsi. Siamo arrivati terzi (su quattro squadre, olé) vincendo la finalina per 4 a 3, una finalina incredibile perché a 3 minuti dalla fine del 2° tempo perdevamo 3 a 1. Poi doppietta mia (i piedi, seppur piatti, per fortuna sono ancora buoni) e poi golden goal alla prima azione dei supplementari. Una partita assurda, davvero. E giocata con le scarpe di cui sopra. Aperte nel tallone. Ho scoperto stasera questo lieve problemino e non avevo proprio voglia di fare un salto a comprarne un paio di nuove. Praticamente mi sembrava di giocare in ciabatte.

Secondo motivo: il ripensare all'episodio passatoremoticamente esposto mi ha suscitato dentro una riflessione, se vogliamo, banalissima: quanto consumiamo? Scarpe, vestiti, stecche di cioccolata, acqua nella doccia, caffè al bar, carta per le fotocopie, energia elettrica in stanze perennemente vuote, ecc ecc ecc ecc ecc etciù.
M poi, soprattutto, quanto CI consumiamo? Questo, a mio modestissimo avviso, è il VERO dramma (oddio, non che l'altro sia da sottostimare, sia chiaro). Se penso a come ho gestito alcune relazioni del mio passato non posso negare di aver percorso anch'io questo sentiero fatto di autoflagellazioni, di mivabenetuttobastachestaiconme, di pensoatuttoionontipreoccupare, di senzaditenonsareinulla. Ma se ghe pensu adesso, se mi guardo indietro, non posso che essere fiero di poter dire che in questo momento sto cercando di impostare le relazioni quotidiane seguendo il più possibile un percorso che mi veda in equilibrio, che mi permetta di vivere con gli altri, con l'Affetto, con gli affetti senza però lasciarmi sopraffare da essi. Ritorno a me. Credo sia davvero importante ritornare a se stessi.
Perché tutto si consuma, le scarpe da calcio come le nostre esistenze.
E se per le scarpe da calcio, come ho imparato due anni fa, non si può fare molto, forse sulla mia esistenza un pò di "margine di manovra" ce l'ho.

Adesso vieni a dirmi che però consumarsi per l'amore e bla bla bla e l'amore della vita e bla bla bla e amore come anarchia badabadabadan e dillo alla polizia badabadabadan e struggimento e desiderio d'infinito.
Tutto giusto.

Ma poi ci sei tu.

Goooooooooooooooooooooooooal!

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